Posti immaginari che diventano universo
Valerio Murri è un artista contemporaneo nato nel 1968 a Viareggio, dove attualmente vive e lavora.
Laureato in Scienze politiche, appoggia da sempre l’idea che l’arte visiva sia una delle forme di espressione capaci di liberare i propri stati d’animo in modo totale e che essa nasca da una vera esigenza istintiva, emotiva e fisica.
Negli anni dell’università inizia così a seguire i primi corsi di pittura e da allora in poi si lascia trasportare da ciò che per lui è fondamentale: comunicare attraverso l’arte.
La sua ricerca artistica è eclettica e sconfina nel campo della fotografia (polaroid), della scultura e dell’installazione, ma ciò che rappresentano per lui il mezzo di espressione più completo sono sicuramente il disegno e la pittura.
Valerio dipinge a olio su tela ingannando l’occhio dell’osservatore: se abitualmente l’olio è lucido e corposo, nei suoi lavori appare piatto; come in un acrilico le pennellate sono graffianti e delineate e la trama del pennello è identificabile.
La sua arte non manca di tridimensionalità e i chiaroscuri sono presenti. Sicuramente però ciò che interessa all’artista non è far uscire i soggetti in modo realista o iperrealista e neanche mettere in atto la loro simbologia, bensì scrutare il mondo in modo analitico, cercandone i dettagli e sistemandoli insieme; ne esce fuori un neo-surrealismo nostalgico ed esistenzialista.
I suoi disegni su carta, elaborati a matita, grafite o acquerello, sono invece accompagnati spesso da testi e collage. Qui si percepisce un ritorno all’eclettismo, dove l’arte del disegno si ritrova intersecata con altri mezzi espressivi che Valerio non vuole inconsapevolmente allontanare dal suo mondo.
Valerio Murri mette dentro il “recinto bianco” immagini ricercate sui giornali e sul web o anche fotografate da lui stesso, in un’analisi e un assemblaggio dettati dall’istinto e dal caso che spesso lo portano a selezionare accidentalmente le stesse categorie di soggetti; così agli occhi del fruitore tutto sembra improvvisamente studiato a tavolino.
Tra i soggetti troviamo: animali (insetti, volatili), indumenti e oggetti del quotidiano (giacche, forbici, tappeti, i calciatori del biliardino). Si presentano anche personaggi ambigui e d’altri tempi, come fossero stati estrapolati da antichi secoli e fossero comparsi lì per caso; dei veri e propri cameo.
Periodicamente non mancano inoltre soggetti ed elementi sacri come monaci, suore, crocifissi e rosari, in un richiamo al cristianesimo chiaro ed evidente. In riferimento a ciò, Valerio parlava di “secolarizzazione” già nella sua tesi di laurea in Storia della sociologia, nella quale critica il processo di progressiva riduzione dell’esperienza religiosa nelle società e ammette invece che il sentimento religioso non è mai scomparso nei secoli ma che all’opposto è sempre più vivo e attuale che mai; come lo è la pittura, tanto che vengono cancellati anni di teorizzazioni sulla sparizione e irrilevanza di questa espressione artistica e quest’arte viene vista più contemporanea che mai.
Valerio mette in scena situazioni sempre differenti e dona elementi all’osservatore affinché egli prima rilevi e poi riveli il proprio punto di vista personale. L’artista vuole infatti che chi guarda riesca a completare ipoteticamente l’opera con altri elementi visivi, senza però snaturare la vera identità del suo lavoro, ovvero un mondo surreale creato da elementi reali che sconfinano oltre lo spazio della tela o del foglio e rubano a chi guarda un punto di vista che rende l’opera ogni volta diversa e unica.
Che sia un disegno su carta o un olio su tela, in ogni caso i suoi soggetti sono del tutto caratteristici e riconoscibili. La prima domanda che ci facciamo appena vediamo i suoi lavori è: figurativo, concettuale?
No, è solo il collage di una vita immaginaria e immaginata, espressa attraverso oggetti e soggetti veri o ideati, dove il “tempo sospeso” è in atto ed elementi del quotidiano si accostano per raccontare cosa succede in uno spazio come la tela e soprattutto cosa accade oltrepassandolo; sono lì per aiutarci a risolvere un rebus, la cui soluzione potrebbe esistere anche al di là dello spazio pittorico.
Gli oggetti che esistono nella realtà e che Valerio trasporta su tela, accostandoli tra loro, diventano così del tutto onirici, un po’ come il dadaismo di Duchamp che estrapolava elementi del quotidiano e li decontestualizzava.
Quella di Valerio è una provocazione irriverente e disturbante, che rifiuta gli standard e le convenzioni, avvicinandosi così a una situazione irrazionale.
Nelle sue opere il colore sbiadito, come spalmato da una spugna, e il segno dei bordi, mai ben definito, ci riportano visivamente alle antiche fotografie su pellicola, sottolineando ancora una volta il legame con il concetto di tempo, in questo caso specifico con il passato… e con il passaggio.
Come parlava di passaggio e di tempo anche l’artista irlandese Francis Bacon, che citiamo:
Vorrei sembrasse che un’esistenza umana avesse percorso i miei quadri, che vi fosse passata sopra, come una lumaca. Vorrei rimanesse impressa l’impronta della presenza umana e una traccia che ricordasse avvenimenti passati, come la bava lasciata dalla lumaca al suo passaggio.
Valerio ha lo stesso desiderio: che sui suoi quadri rimanga una traccia dell’osservatore, spalmata o strisciata…
L’arte di Valerio Murri non è addomesticabile; si presenta come qualcosa di complesso ed enigmatico, dove tutto può accadere, dove si vede l’inizio e mai la fine. È forse questa la forza e la potenza dell’arte: il non finito, il non definito, il non detto; tutto quello che può accadere agli occhi di ognuno di noi di fronte a un opera diventa l’elemento fondamentale della riuscita dell’opera stessa.
Il suo mondo è casuale, però non è del tutto suo; è generoso e regala le mille identità che gli appartengono senza nessuna remora. Sfacciatamente si rende conto che il suo spazio non è fatto da un solo pianeta ma dall’unione di posti immaginari che diventano universo, nel quale gli individui possono orbitare liberamente e fuori da ogni giudizio.
BENEDETTA SPAGNUOLO, 2022/2023